mercoledì 11 giugno 2008

"Foedera sunt ponenda prius signandaque iura \ et scribenda mihi lex in amore novo"

Strano come, più mi allontano dal Classico, più cresce la mia passione per i Classici.

Sono stata in biblioteca tutto il giorno a preparare l'esame di Literatura Latina.

Tra i libri in bibliografia ce n'è uno in cinque immensi volumi che raccoglie saggi dei più grandi studiosi italiani in materia, e che spazia su un'infinità di temi.
E mi capita spesso di soffermarmi a leggere anche capitoli che magari non mi sevirebbero per questo esame specifico, ma che mi catturano e mi ammaliano...
Poi mi riprendo, perchè temo di perdere tempo.

Eppure, resterei delle giornate intere a leggere come un singolo carmen di Catullo possa mettere in crisi tutta la critica letteraria dall'antichità ai nostri giorni per il solo fatto di non sapere esattamente in che genere classificarlo...
A leggere cosa pensavano Petrarca e successivamente i Romantici a proposito della poetica di Properzio... o che non avremmo "Le Metamorfosi" di Apuleio se Boccaccio non le avesse pescate abbandonate con una pila di libri nel monastero di Montecassino...
O come la damnatio memoriae che subì la figura di Gallo ci impedisce ora di leggere l'opera (andata completamente perduta) di colui che pose le basi dell'Elegia Latina... (e di cui la maggior parte della gente non hai mai sentito neppure il nome)...

Continuo a rendermi conto che ogni scritto del mondo occidentale deriva sempre e comunque (anche se a volte magari inconsapevolmente) dalla cultura e letteratura greco-romana.
Studio la nascita e lo sviluppo dell'Elegia, della Lirica, del Poema Didascalico... del Romanzo persino, tanto caro a noi oggi, tanto poco considerato dagli antichi Romani che non avevano neppure stabilito un termine preciso con cui definirlo, e che infatti lo chiamvano di volta in volta fabula (se completamente di fantasia), historia (se vero) oppure argumentum (se verossimile).

Scopro invece che la lingua spagnola non possiede, al contrario delle altre ligue romanze, un termine per distinguere il Romanzo dalla Novella: esiste il termine Novela, che però li descrive tutti e due.

E che anche le nostre commediole romantiche (scritte o al cinema), ricche di traversie e sentimentalismi, altro non sono che una trasposizione un po' più moderna dei romanzi tardo-ellenistici, che per l'appunto narravano solitamente le vicende di una coppia di innamorati costretti ad affontare mille complicazioni per poi riunirsi felici alla fine di tutto.

Mi rendo conto che senza conoscere davvero il passato, in qualunque campo, non siamo davvero consapevoli del nostro presente. Che ogni singola cosa, anche la più piccola deriva completamente (e non può essere altrimenti) da coloro che hanno posto le basi di tutto il nostro mondo.
Che non ci sono idee nuove... ci sono solo sviluppi di idee già poste...

E che non solo ci siano persone che ignorano queste cose (a volte, ahimè, per causa di forza maggiore) ma ce ne sono alcune che non si preoccupano nemmeno di interessarsene.

E che è giustissimo dare ampio spazio agli studi scientifici, ingegneristici, economici... ma non ci si rende conto che anche queste branche dello studio derivano fondamentalmente da quella che era la cultura antica.

E mi sembra quasi ridicolo che l'Italia sia rimasta l'unico paese del mondo in cui esistano scuole superiori che trattino ambiti classici.



"La letteratura latina si pone come mediatrice fra la grande esperienza greca e la cultura moderna.
In questa prospettiva si può ben dire che quella latina è la più antica cultura moderna, o viceversa la più moderna delle culture antiche, e in questo senso riveste grande valore storico il fatto che fino a pochi secoli or sono in latino furono scritte alcune delle opere più significative del rinnovamento della filosofia e delle scienze moderne, dal "Sidereus Nuncius" di Galileo (1610) all' "Ethica" di Spinoza (1675), dai "Principia Mathematica" di Newton (1687) ai "Fundamenta Botanica" di Linneo (1736)."


(Mario Geymonat)